Seminario condotto da Elena Malaguti
23-24-25 giugno 2006
Presentazione
La resilienza può essere definita come la capacità o il processo di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante l’aver vissuto situazioni difficili che facevano pensare ad un esito negativo. La ferita rimane inscritta nell’animo umano, non si tratta dunque di ometterla negando la parte lesa e l’esperienza dolorosa e destabilizzante, quanto di costruire un percorso di integrazione fra le parti risorsa e limite connaturate all’esperienza umana. Si tratta di un concetto e/o processo che può essere un presupposto ispiratore per psicologi, educatori, insegnanti, genitori, operatori socio-sanitari, e tutte le persone che lavorano sul campo della crisi e dei traumi. Permette di sistematizzare e di mettere in pratica quello che, per intuizione o esperienza, quotidianamente si attua per favorire il benessere di bambine e bambini, giovani e adulti. Richiede di modificare lo sguardo con cui si leggono i fenomeni e di superare un processo di analisi lineare di causa ed effetto.
Comporta per la persona, quando è sottomesso a pressioni, la possibilità di proteggere la sua integrità, di costruirsi e aprirsi delle vie malgrado le circostanze difficili. Questa possibilità esiste sempre in forma latente e può trasformarsi in un processo attivo secondo la storia di ciascuno. La storia dell’umanità è costellata da esempi di gruppi umani e persone che nonostante aver vissuto condizioni e situazioni di vita altamente sfavorevoli (guerre, calamità, lutti, incidenti, separazioni, disabilità…) sono riusciti a resistere, far fronte, trasformare, integrare e costruire una personale e collettiva resilienza.
La lettura delle testimonianze e dei racconti dei sopravvissuti ad esperienze altamente tragiche lo dimostra. La letteratura internazionale ha sistematizzato solo negli anni ’80 (si deve ad Emmy Werner il primo studio longitudinale) le ricerche e gli studi sulla capacità o processo di riorganizzazione positiva della vita (definita dagli specialisti resilienza) a dispetto delle esperienze altamente critiche che facevano pensare ad un esito negativo.
È possibile, ciò nonostante, rintracciare riflessioni, studi e ricerche – antesignane alla resilienza – già alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quali i lavori di Anna Freud, di John Bowlby, di Vygotskij, le esperienze di “educazione attiva” di Maria Montessori, Margherita Zoebeli e del Centro Educativo Italo Svizzero di Rimini, di Emmy Pikler e dell’istituto Lockzy e tutti i progetti e percorsi di accoglienza dei bambini sopravvissuti alla guerra, orfani, disabili fra cui il lavoro dei coniugi Alfred e Francoise Brauner. La resilienza propone di non ridurre mai una persona ai suoi problemi ma di dichiarare anche le sue potenzialità. Si tratta di un approccio difficile, non tanto per le azioni che comporta, ma poiché richiede di modificare parte dei presupposti culturali, valoriali e teorici sottesi alla presa in carico e cura: ciascuno deve poter trovare dentro di lui delle soluzioni, ovvero divenire responsabile del suo processo di cambiamento. Questa responsabilità va diretta verso la persona che vive una situazione e condizione di vulnerabilità e verso coloro che esercitano l’azione di cura nell’interazione con l’ambiente. La prospettiva sottesa alla resilienza sembra richiamare, sempre con maggior efficacia, modi possibili per rivisitare i modelli sottesi alle azioni di prevenzione e alle strategie di aiuto, volte al miglioramento della qualità della vita e del benessere della persona o della comunità soggetti a forti pressioni, a stress o abituati a comportamenti nocivi.
In qualità di genitori, educatori, o di persone che hanno scelto per mestiere di occuparsi della salute, dell’accompagnamento, della cura, dell’educazione si è anche portatori di speranza, di gioia e di possibilità al cambiamento. Un cambiamento che comporta una mutua fecondazione ed una capacità di essere in relazione con l’altro per riconoscere e riconoscersi, scoprire e scoprirsi, sognare, immaginare, creare insieme. Affrontare la resilienza implica considerare le interazioni che ognuno ha con la sua famiglia e con l’ambiente familiare, scolare, lavorativo, sociale…
Non si tratta di una caratteristica propria ad una persona, ma piuttosto di un processo dinamico e di una costruzione che si attua nel corso dell’esistenza. Non è, dunque, data e acquisita una volta per tutte, immutabile e definibile. Per sviluppare le determinanti della resilienza quali la capacità alla relazione, le competenze, l’iniziativa, la creatività, la perspicacia, l’autonomia, l’humor, un certo senso morale, il bambino ha bisogno di adulti capaci di creare una relazione di fiducia; adulti che Boris Cyrulnik definisce ‘tutori di resilienza’.
Ancora molto è da scoprire ed osservare per meglio comprendere le implicazioni che la resilienza ha sull’azione degli operatorisocio–sanitari ed educativi nel lavoro sul campo con adulti, famiglie, adolescenti, bambini e bambine.
Finalità e obiettivi
È possibile raccontare un’altra storia? In quale misura i modelli, le teorie e le prospettive verso cui tende il lavoro di presa in carico e cura contribuiscono a migliorare ed aiutare a riorganizzare positivamente i propri percorsi? Ognuno di noi ha un destino segnato? Il seminario propone di riflettere sulla prospettiva della resilienza, sui fattori di rischio e di protezione sottesi al lavoro di cura al fine di promuovere una cultura della resilienza, personale, di gruppo e comunitaria. Il lavoro teorico ed esperienziale intende aprire un dialogo ed avviare uno scambio permettendo l’intreccio e l’incontro delle personali storie, dei propri riferimenti culturali e presupposti teorici con la prospettiva della resilienza.
Obiettivi
• Introdurre i partecipanti all’evoluzione del concetto di resilienza attraversando la nozione di trauma, vulnerabilità e relazione di aiuto
• Conoscere le principali articolazioni teoriche sottese alla resilienza: differenti approcci e
prospettive di ricerca
• Riflettere intorno ai percorsi possibili per costruire resilienza personale, di gruppo e comunitaria
• Incontrare la propria storia, condividere i percorsi con il gruppo e scoprire i fattori di rischio, di protezione
e di riorganizzazione
positiva
• Sperimentare alcune tecniche e metodologie di lavoro volte alla promozione della resilienza
Accesso
Il seminario è aperto a psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti, educatori, assistenti sociali, insegnanti e a tutti gli operatori e i professionisti del campo socio-sanitario ed educativo che si trovano a gestire situazioni di emergenza, di crisi, di difficoltà acuta individuale e collettiva.
Organizzazione del seminario
Il Seminario, della durata di 25 ore di lezione, si svolgerà da venerdì 23 a domenica 25 giugno 2006 nella sede di Albenga dell’ Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management con il seguente orario:
VENERDI 11.00-14.00 / 15.00-19.30
SABATO 9.00-13.00 / 14.30-19.30
DOMENICA 9.00-13.00 / 14.30-17.45
Costi e modalità di iscrizione
Il costo del seminario è di 300€ per gli esterni e di 150€ per gli allievi dell’Istituto. Dato che il Seminario è a numero chiuso suggeriamo agli interessati di riservare un posto fin d’ora inviando una mail a segreteria@psicotraumatologia.org oppure spedendo un fax o telefonando allo 0182 590009. L’iscrizione verrà poi formalizzata con il pagamento della caparra di 100€.
La segreteria dell’Istituto può fornire a chi dovrà pernottare in loco i nominativi di strutture alberghiere che applicano prezzi convenzionati per gli allievi dei nostri Corsi e Seminari.
Verranno richiesti i crediti ECM.