Lo IEP (Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management) opera in molti ambiti con diversi team specialistici accomunati dal poter applicare il nostro metodo di intervento a vari campi: la formazione, la supervisione, il coaching, l’assistenza, la ricerca. Spesso ci viene chiesto in che cosa consiste il ‘Modello IEP’ di intervento. Ne tracciamo qui, brevemente, la storia, inaugurando una nuova serie di articoli inerenti i progetti IEP attualmente in essere: Dentro i progetti.
Eccoci qui con la nuova rubrica Dentro i progetti.
Ogni mese uno o una dei team leader dello IEP
vi farà ‘curiosare’ nel progetto che sta conducendo.
Perché la qualità che ci caratterizza e che rende i nostri interventi particolarmente efficaci è che ogni nostro singolo progetto è costruito secondo un percorso di processo-risultato fondato su un modello e un metodo che guida l’operatore che lo realizza e garantisce il destinatario che lo riceve.
Un contenuto senza metodo porta al fanatismo; un metodo senza contenuto fa discutere a vuoto. (Goethe)
Di che modello e metodo si tratti lo vediamo subito.
Dal modello di Colonia …
Nel 1995 Gottfried Fischer, direttore dell’Istituto di Psicologia Clinica e Diagnostica all’Università di Colonia, ideò, insieme al gruppo del DIPT da lui fondato (il primo centro in Europa interamente dedicato allo studio e alla cura dei disturbi da stress traumatico) il Cologne Help for Victim Project (KOM Project), che dal 1998 il governo della Nord-Rhein Westfalia assunse come modello ufficiale di assistenza alle vittime di incidenti.
All’interno di quel progetto furono concepiti due strumenti correlati, i primi al mondo nel loro genere:
Il Cologne Risk Index (CRI)
Una check-list in grado di far prevedere il livello di rischio che la persona vittima di un evento avverso ha di sviluppare conseguenze psicotraumatiche piuttosto che essere in grado di superare il trauma senza strascichi.
Il Target Group Intervention Program (TGIP)
Un modello di supporto psicosociale per le vittime di traumi, concepito a diversi gradi di intensità coerentemente ai differenti livelli di rischio individuati.
La ricerca che portò alla costruzione e alla pubblicazione di questi due strumenti fu finanziata dal 2012 al 2015 dalla Commissione Europea con il progetto EUNAD e recepita come Linea Guida Europea di Intervento a seguito di Disastri e Catastrofi.
…al modello dello IEP
Quando nel 2002 Rita Erica Fioravanzo – specializzatasi al DIPT sotto la guida di Gottfried Fischer – fondò in Italia l’Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management, il primo obiettivo fu di tradurre e adattare alla cultura italiana quel modello e di formare psicologi e psicoterapeuti che sapessero applicarlo, con l’aiuto dei docenti del DIPT che per anni vennero in Italia a insegnare nei Master IEP.
Descrivere un modello teorico così importante non è adatto a una pagina web ma possiamo elencarvi i principi fondamentali dei nostri interventi IEP.
- LO SLANCIO RESILIENTE
Dare sempre fiducia all’evidenza che la maggior parte delle persone che ha subito un evento traumatico NON si ammala di disturbi psichici ma ha o trova la resilienza per affrontarli e superarli. - LA FORZA DEI SOPRAVVISSUTI
Tener conto che dopo gravi eventi molte persone mostrano il cosiddetto post-traumatic growth: un cambiamento positivo, un miglioramento della loro vita (non è forse tipico trovare anziani in perfetta forma fisica e psichica che ci raccontano che dopo essere sopravvissuti a un infarto da anni mangiano sano, mantengono il giusto peso, fanno regolare attività fisica e hanno capito che non val più la pena arrabbiarsi?). D’altra parte il Kintsugi lo insegna da secoli… - IL GIUSTO A CHI SERVE
Concentrare e specializzare gli interventi su coloro che, a seguito di un evento critico, mostrano per varie cause una specifica vulnerabilità psicologica che alza il loro rischio di avere conseguenze psicologiche di lunga durata piuttosto che fare interventi ‘a pioggia’ (poco per tutti): inutili per alcuni e insufficienti per altri.
- SU MISURA PER CIASCUNO
NON offrire lo stesso approccio a tutti perché anche se certe tecniche di intervento sono ottime, niente può funzionare bene per tutti, la ricerca ha da decenni dimostrato che lo stesso evento traumatico colpisce le persone in maniera estremamente diversa l’una dall’altra e ognuno necessita un intervento plasmato sulle sue specifiche caratteristiche - IN OTTICA TRANSCULTURALE
Ogni azione di cura o assistenza deve essere calata nella cultura di appartenenza della persona perché la cultura non è un dato aggiuntivo esterno a noi ma ci costituisce in ogni nostra forma, psichica, biologica, morale; e non tenerne conto sarebbe come voler far indossare a tutta la popolazione un vestito di un’unica taglia. - NON C’È UN SOLO STRUMENTO
Rispettare a qualsiasi costo la volontà individuale di scegliere il modo più consono di superare le difficoltà senza imporre il predominio psicologico dell’unica cura: c’è chi ha superato eventi gravemente avversi pregando, altri dipingendo, altri allenandosi per la maratona e in mille altri modi che sono risultati altrettanto efficaci di una psicoterapia.
In pratica: dentro i progetti IEP
Abbiamo pensato che un buon modo per farvi conoscere meglio il modello IEP di intervento poteva essere portarvi ‘dentro i progetti’, ossia calarvi nella realtà di alcuni dei tanti interventi che lo IEP realizza quotidianamente, mese dopo mese, da ormai vent’anni.